
ROMEO E GIULIETTA
BEZOART
Teatro Coccia - Novara
sabato 28 Marzo 2020 ore 21:00

di William Shakespeare
con (in o.a.) Andrea Bellacicco, Cardinali Valentina, Lorenzo Demaria, Valeria De Santis, Daniele Molino, Laura Palmieri, Nicolò Parodi, Giacomo Segulia
drammaturgia e adattamento Sylvia Milton e Davide Gasparro
regia Davide Gasparro
scene e costumi Eleonora Rossi
luci Manuel Frenda
La storia di Romeo e Giulietta,grazie al capolavoro di William Shakespeare è patrimonio culturale indiscutibile, entrata a far parte dell’immaginario comune e nota a tutti. Tuttavia alcuni suoi aspetti sono tramandati in maniera poco fedele all’originale, traviati da consuetudini e cliché di tradizione romantica.
La ricerca legata a questo spettacolo ha voluto anzitutto rimettere nella giusta prospettiva alcuni di questi aspetti e ci presenta un mondo alla rovescia: ogni scena d’amore è tetra, buia e ogni scena di morte è luminosa, piena di luce. Inoltre il linguaggio dei personaggi utilizza molto spesso immagini funebri e cimiteriali in rapporto a vicende gioiose. In questo clima alterato la passione dei protagonisti nasce storta, destinata a un finale amaro. Inoltre gli adulti, coloro che dovrebbero avere buon senso e saper guidare i giovani, spesso sembrano più violenti e sconsiderati di questi ultimi. Lo spettacolo porta il personaggio di frate Lorenzo in primo piano facendo rivivere, come in una confessione pubblica dei peccati, una vicenda che finisce male anche a causa di sue errate valutazioni.
La storia emerge attraverso scene vissute come dei flashback in uno spazio astratto che si compone di scena in scena. A scandire la metà esatta dello spettacolo si situa la morte di Mercuzio. Essa non è solo morte della giovinezza, ma simbolo di un passaggio inevitabile che lo spettacolo vuole raccontare: quello verso l’età adulta.
Le culture antiche scandivano questo passaggio con grandi e importanti riti destinati agli adolescenti, dopo i quali solo chi sopravviveva poteva dirsi adatto a entrare nel mondo degli adulti. Shakespeare racconta proprio di questo passaggio, di quello che dell’infanzia si abbandona per crescere e pone un dubbio: è lecito scegliere di morire piuttosto che diventare un adulto che non si vuole essere?